Le origini
Dal 1940
Ogni storia ha le sue radici
Osservando tali testimoni vegetali del Tempo, ci piace immaginare che lo stesso incanto abbia irretito le preistoriche popolazioni indigene che hanno preceduto Longobardi e Normanni nella cura di queste terre che oggi illuminano d’orgoglio il Molise.
Con tanta esperienza di vita, questi alberi con più cerchi concentrici nel loro fusto a conteggiarne l’età forniscono ancora oggi i frutti più pregiati da cui trarre quel succoso condimento aureo sul quale si è fondata l’identità dei popoli del Mediterraneo.
Tra questi popoli c’è quello degli Arbëreschë, originari dell’attuale Albania da cui nel XV secolo furono costretti a fuggire a causa della virulenta avanzata dei turchi, approdando come profughi proprio in questi feudi caduti nelle spire dell’abbandono. Arrivati nel ’400, anche il sito del Comune sottolinea come “i coloni albanesi rifondarono le terre e vissero convivendo pacificamente per lungo tempo con la popolazione locale”.
A loro si deve la rinascita di questi luoghi, ma anche, nel nostro piccolo, l’elemento di collegamento tra le due anime territoriali della nostra realtà. Infatti gli Arbëreschë sono protagonisti anche dell’evoluzione storica del contiguo territorio comunale in cui ha sede l’altra parte della nostra azienda, Portocannone. Esso deriva da un insediamento “la cui popolazione ha origini albanesi” ma non è nata con gli albanesi, come spiega il sito della città, poiché tale comunità “esisteva già in epoca medievale, molto prima che arrivassero i nuovi coloni: fu fondata dai popoli latini nel 1046” e un secolo dopo aveva assunto la melodiosa denominazione di Portocandesium.
Sostengono gli storici che gli Arbëreschë arrivando qui si trovarono “di fronte a uno spettacolo, una selva di ulivi secolari che, fino agli anni sessanta, allevarono con amore e grande cura” e “a dimostrare l’esistenza, a Portocannone, di questa selva di ulivi, ci sono una decina di maestosi patriarchi, intorno al paese, di oltre ottocento anni”, come riportato da Pasquale Di Lena, già presidente onorario dell’Associazione Città dell’Olio nella quale rientrano sia il comune di Portocannone che quello di Campomarino.
Ma la Storia non alimenta soltanto la nostra sete di conoscenza e il fascino di questi luoghi, bensì anche i terreni sui quali vegetano felici e rigogliosi i nostri ulivi: le acque che irrigano i campi da noi coltivati giungono infatti dall’impetuoso Biferno, fiume identitario della zona gorgogliante non soltanto di liquido fluviale portatore di vita, bensì anche di secoli di nobilissime vicende storiche che hanno come protagonisti pure gli antichi Romani, tanto da vantare citazioni perfino negli scritti di un grandissimo scrittore latino come Plinio.
Con un passato così importante, oggi l’unico lavoro che ci tocca davvero fare è rispettare lo straordinario dono che ci è giunto dalla notte dei tempi, tutelandolo e valorizzandolo, aggiungendo l’impegno di amarlo profondamente e di consentirgli di esprimersi al massimo con lo spirito del saper fare contemporaneo che ci consente di esaltare i valori organolettici con attenta delicatezza artigianale.
Per questo in ogni goccia del nostro olio extravergine di oliva c’è una densità sensoriale unica, poiché unisce il sapore ancestrale di vicende collettive millenarie con la storia privata della nostra famiglia di origine contadina piena di amore parentale pari a quello che nutriamo per la terra.
Osservando tali testimoni vegetali del Tempo, ci piace immaginare che lo stesso incanto abbia irretito le preistoriche popolazioni indigene che hanno preceduto Longobardi e Normanni nella cura di queste terre che oggi illuminano d’orgoglio il Molise.
Con tanta esperienza di vita, questi alberi con più cerchi concentrici nel loro fusto a conteggiarne l’età forniscono ancora oggi i frutti più pregiati da cui trarre quel succoso condimento aureo sul quale si è fondata l’identità dei popoli del Mediterraneo.
Tra questi popoli c’è quello degli Arbëreschë, originari dell’attuale Albania da cui nel XV secolo furono costretti a fuggire a causa della virulenta avanzata dei turchi, approdando come profughi proprio in questi feudi caduti nelle spire dell’abbandono. Arrivati nel ’400, anche il sito del Comune sottolinea come “i coloni albanesi rifondarono le terre e vissero convivendo pacificamente per lungo tempo con la popolazione locale”.
A loro si deve la rinascita di questi luoghi, ma anche, nel nostro piccolo, l’elemento di collegamento tra le due anime territoriali della nostra realtà. Infatti gli Arbëreschë sono protagonisti anche dell’evoluzione storica del contiguo territorio comunale in cui ha sede l’altra parte della nostra azienda, Portocannone. Esso deriva da un insediamento “la cui popolazione ha origini albanesi” ma non è nata con gli albanesi, come spiega il sito della città, poiché tale comunità “esisteva già in epoca medievale, molto prima che arrivassero i nuovi coloni: fu fondata dai popoli latini nel 1046” e un secolo dopo aveva assunto la melodiosa denominazione di Portocandesium.
Sostengono gli storici che gli Arbëreschë arrivando qui si trovarono “di fronte a uno spettacolo, una selva di ulivi secolari che, fino agli anni sessanta, allevarono con amore e grande cura” e “a dimostrare l’esistenza, a Portocannone, di questa selva di ulivi, ci sono una decina di maestosi patriarchi, intorno al paese, di oltre ottocento anni”, come riportato da Pasquale Di Lena, già presidente onorario dell’Associazione Città dell’Olio nella quale rientrano sia il comune di Portocannone che quello di Campomarino.
Ma la Storia non alimenta soltanto la nostra sete di conoscenza e il fascino di questi luoghi, bensì anche i terreni sui quali vegetano felici e rigogliosi i nostri ulivi: le acque che irrigano i campi da noi coltivati giungono infatti dall’impetuoso Biferno, fiume identitario della zona gorgogliante non soltanto di liquido fluviale portatore di vita, bensì anche di secoli di nobilissime vicende storiche che hanno come protagonisti pure gli antichi Romani, tanto da vantare citazioni perfino negli scritti di un grandissimo scrittore latino come Plinio.
Con un passato così importante, oggi l’unico lavoro che ci tocca davvero fare è rispettare lo straordinario dono che ci è giunto dalla notte dei tempi, tutelandolo e valorizzandolo, aggiungendo l’impegno di amarlo profondamente e di consentirgli di esprimersi al massimo con lo spirito del saper fare contemporaneo che ci consente di esaltare i valori organolettici con attenta delicatezza artigianale.
Per questo in ogni goccia del nostro olio extravergine di oliva c’è una densità sensoriale unica, poiché unisce il sapore ancestrale di vicende collettive millenarie con la storia privata della nostra famiglia di origine contadina piena di amore parentale pari a quello che nutriamo per la terra.